Angelica

Angelica archangelica L.

Fam. Umbelliferae

Descrizione

L’angelica è una pianta erbacea perenne, biennale che raggiunge anche i 2 metri di altezza. Ha fusto ramificato, cavo, glabro, nodoso con striature. Le foglie sono alterne bipennatosette, con margine glabro, provviste di un lungo picciolo e di una guaina che avvolge il fusto. La radice è fittonante bianca internamente e marrone all’esterno. I fiori bianchi sono riuniti in ombrelle e la fioritura avviene nei mesi estivi. Il frutto è un achenio (diachenio) colore nocciola. Tutta la pianta emana un odore gradevole mentre il sapore è amarognolo.
Viene coltivata su larga scala in Cecoslovacchia e in Belgio e Germania, mentre in Francia viene coltivata in quantità minore, prevalentemente per la raccolta della radice e dei semi. Angelica arcangelica non è da confondere con l’ ”angelica selvatica”, che differisce per aver sulla pagina inferiore delle foglie una piccola peluria, fiori di color bianco rosato e frutti più piccoli; anche l’altezza della pianta risulta inferiore, come pure più attenuato il sapore amarognolo e l’odore acre.

Proprietà ed impieghi

L’angelica ha proprietà digestive, stomaciche, toniche, carminative, antidispectiche stimolanti, antispastiche. Per uso interno trova impiego nei casi di aerofagia, senso di pienezza, leggeri disturbi gastrointestinali, per stimolare l’appetito, e, inoltre, sembra favorire il lavoro muscolare e l’equilibrio nervoso. A piccole dosi ha azione eccitante sul sistema nervoso; a dosi elevate presenta azione stupefacente e depressiva. Per uso esterno manifesta proprietà antireumatiche. In medicina popolare era usato nelle affezioni bronchiali.

La droga (foglie e soprattutto radici) costituisce la materia prima per la produzione di estratti da condimento e liquori alle erbe, pertanto il suo impiego è largamente diffuso nell’industria alimentare; mentre in cosmetica viene usato come componente di lozioni, saponi, profumi.

Tecniche colturali

Terreno e ambiente
L’angelica cresce spontanea in Italia, soprattutto nel nord, in terreni leggeri, ricchi di sostanze organiche; abbisogna di clima fresco, terreni ben esposti, facilmente irrigabili e di buona concimazione, e rifugge i terreni argillosi.

Propagazione
La semina si esegue subito dopo la raccolta dei frutti, mettendo i semi in semenzaio (luglio – agosto). Normalmente la percentuale di germinazione, in questo periodo, è ridotta al 55 – 60%. Dopo 4 – 5 mesi dalla raccolta, di norma, la germinabilità è più elevata, per poi diminuire rapidamente. Si è verificato, in alcune annate, che i semi raccolti e conservati per 2 anni, germinano ugualmente, ma con tempi lunghissimi.

Si consiglia la raccolta dei frutti quando cominciano a virare dal verde al bruno, effettuando la semina dopo alcune settimane.

Una pianta può produrre anche 250-300 gr. di seme. Il peso di 1000 semi è di 2,8 – 3 gr. I semi appena raccolti germinano dopo pochi giorni; per semi di 4-5 mesi il tempo di germinazione è di circa un mese, mentre per semi più vecchi   la germinabilità è ancora più bassa.. Per migliorare la germinabilità dei semi si possono fare dei trattamenti con ormoni. Sarà comunque importante mantenere sufficientemente umido il terreno.

Sesti d’impianto
Le giovani piantine, sufficientemente sviluppate in modo da poter essere manipolate senza danni, si mettono a dimora in pieno campo. L’operazione è eseguita, per quanto riguarda i climi più miti, quasi sempre nel periodo autunnale, oppure in primavera nelle zone a clima più freddo. I sesti d’impianto sono di 80 – 100 cm fra file e di 20 – 40 cm lungo la fila. E’ possibile seminare anche in pieno campo avendo cura di preparare un buon letto di semina. La semina si effettua in settembre con l’impiego di 12 – 15 Kg di seme/ha,e avendo cura di interrarlo ad una profondità non superiore al centimetro.

La densità ottimale è di circa 6 – 8 piante per m2. Le piantine si possono trapiantare in campo dopo circa 80 – 90 giorni dalla semina.   Se si esegue la semina direttamente in campo si dovrà intervenire con operazioni di diradamento, nel caso che le piantine siano troppo fitte, e/o di trapianto dove queste siano troppo rade.

Fertilizzazione
L’angelica richiede abbondanti concimazioni letamiche al momento dell’impianto e azotate al momento della ripresa vegetativa (soprattutto se l’impianto è stato eseguito in autunno). Si possono apportare al terreno anche fosforo e potassio durante la preparazione del terreno stesso (80 – 100 Kg/ha), se la coltura è destinata alla produzione di radici (si possono aumentare gli apporti di P2O5 e K2O superando le 120 unità ettaro). L’apporto di azoto potrà avvenire durante le varie sarchiature. Valori indicativi annui d’azoto possono essere di 100 unità per ettaro. Questi valori potranno aumentare se la coltura viene irrigata.

Se il trapianto si effettua in ritardo (aprile) e in terreni troppo asciutti, sarà utile apportare acqua all’impianto anche nei periodi successivi fino al completo attecchimento delle piante.

Cure colturali
Contro le infestanti si può intervenire mediante sarchiature (2 – 3 passaggi) oppure impiegando erbicidi quali Atrazina o Linuron rispettivamente in quantità di 1 Kg/ha e 0,8 Kg/ha.

Esiste in commercio un altro prodotto, la Prometrina, che può essere somministrata sia in fase di presemina sia in post emergenza, solo dopo un buon attecchimento, a piante di 5-6 foglie. Per favorire un buon assorbimento del prodotto è bene effettuare un’ irrigazione, sopratutto se la stagione corrente è siccitosa.

Nella rotazione sarà bene non far succedere la stessa coltura o colture di ombrelliferae per almeno quattro anni. L’apporto di letame spesso comporta un aumento d’erbe infestanti.

Raccolta e resa
Le radici si raccolgono dopo due anni dall’impianto: l’operazione viene eseguita nei mesi autunnali di settembre – ottobre. La produzione di radici si aggira mediamente intorno ai 100 ql/ha circa. Un tempo molte aziende producevano frutti e radici dalle stesse piante. Attualmente, si consiglia di destinare la coltivazione alla sola produzione di frutti, con la raccolta di fine estate del 2° e/o del 3° anno d’impianto con rese di 80 – 100 ql/ha.   Se, invece, l’impianto è destinato alla produzione delle radici è utile eseguire, al 2° anno di vegetazione, il taglio delle infiorescenze allo scopo di prevenirne la fioritura consentendo, così, lo sviluppo della parte ipogea migliorandone la qualità.

Con la fioritura la pianta termina il proprio ciclo biologico. La coltivazione dell’angelica per la produzione contemporanea dei frutti e delle radici determina un raccolto scadente delle radici stesse; in anni passati, alcune aziende producevano solo foglie iniziando gli sfalci fin dal primo anno di impianto nei mesi di settembre – ottobre prima dell’arrivo del freddo. In questo periodo, però, la qualità e la quantità del prodotto è modesta. Negli anni successivi (fino al 3°) è possibile effettuare la sola raccolta delle foglie con due sfalci all’anno eseguiti prima della fioritura con una resa di 150/170 ql/ha fresca e resa secca di 30/40 ql/ha. Oggi le aziende agricole che coltivano angelica sono orientate solo alla produzione di radici.

Le radici per   distillazione forniscono un olio essenziale con rese dello 0,2 – 0,4% sul fresco e 0,4 – 1% sul secco, mentre   dai semi si ottiene un olio in % che varia dallo 0,8 al 1,5%.

Avversità

Le piante di angelica sono spesso soggette ad attacchi da parte di acari e di imenotteri, fra i quali si ricorda il Systole curiandri Gus e il S. albipennis Walker; fra gli afidi Aphis phabae Scop. Le radici conservate in magazzino possono essere soggette ad attacchi di coleotteri e lepidotteri.

Per quanto riguarda le avversità fungine le piante sono soggette ad attacchi di Fusicladium depressum (Berk et Br) Sacc., che causa maculatura e conseguente avvizzimento delle foglie (ticchiolatura dell’angelica); di Plasmopara nivea (Ung.) Schroet. Chew , che si manifesta con macchie poliedriche sul lembo fogliare, in modo particolare sulle foglie più basse della pianta; le macchie, inizialmente gialle, diventano in seguito di colore bruno sulla pagina superiore, mentre in quella inferiore si presentano rivestite di una muffa grigiastra. La maculatura intensa provoca caduta delle foglie.

Consigli agli operatori

I succhi di angelica hanno proprietà caustiche, e i danni agli operatori che ne vengono a contatto possono manifestarsi con fenomeni di irritazione, gonfiore e forte prurito, ciò a causa della presenza di furanocumarine presenti nelle cellule adiacenti a quelle epiteliali. Generalmente, le parti del corpo più colpite sono le mani. Qualora si verificassero i fenomeni descritti, occorrerà eseguire un’accurata pulizia e frequenti lavaggi con acqua e sapone; se i succhi dovessero colpire gli occhi, si consiglia di lavarli con abbondante acqua e, comunque, di consultare un medico.