La calendula è una pianta erbacea annuale o biennale, alta 40-50 cm, ricoperta da peli scabri e ghiandole, con fusto eretto ramificato. Le foglie sono alterne, lanceolate, a margine dentato o intero e munite di una ghiandola nera all’apice di ogni dente. Le foglie basali hanno dimensioni maggiori rispetto alle superiori. I fiori sono riuniti in capolini di colore giallo-arancio. Ogni capolino è formato da pochi fiori tubulari al centro e da numerosi fiori ligulati all’ esterno. Il frutto è un achenio ricurvo.
La calendula ha proprietà antinfiammatorie, lenitive cicatrizzanti, coleretiche e vulnerarie. Per uso esterno è utilizzata sottoforma di infuso, pomate o tinture.trova impiego in campo farmaceutico, cosmetico, ed erboristico.
Terreno e ambiente
La calendula si adatta facilmente a quasi tutti i tipi di terreno, prediligendo quelli di medio impasto, profondi, fertili e ricchi di sostanza organica. Cresce facilmente nei climi temperati caldi.
Propagazione
La calendula si riproduce da seme. La semina si esegue direttamente in pieno campo, all’inizio della primavera (aprile-inizio maggio) o in settembre-ottobre. E’ possibile eseguire la semina in semenzai in gennaio-febbraio e trapiantare le piantine in aprile, ma questa operazione non sempre si rivela economicamente conveniente. Il seme germina con grande facilità. Il peso di 1000 semi è di 7-8 g. Per seminare un ettaro di calendula sono necessari 2-3 kg di seme. La semina può essere eseguita facilmente a macchina dopo opportuna regolazione.
Sesti d’impianto
La densità ottimale, più spesso adottata nelle coltivazioni, è di 6 piante per m2. Densità maggiori determinano una riduzione delle dimensioni dei capolini e di conseguenza una diminuzione delle rese. Le piante vengono poste alla distanza di 60-80 cm fra le fila e di 20-25 cm lungo la fila. Praticando la semina diretta in campo, è necessario, a volte, un intervento di diradamento delle piantine nate troppo fitte.
Cure colturali
Il terreno prima della semina va preparato accuratamente, controllando di non lasciarlo troppo grossolano.
Per la lotta alle malerbe sono quasi sempre necessarie due o tre interventi di scerbatura manuale e due sarchiature a macchina.
Al momento del trapianto delle piantine è necessario praticare un’ irrigazione subito dopo la messa a dimora in campo.
La calendula è una pianta che ha esigenze di elementi nutritivi, in particolare di fosforo e potassio. Si consigliano apporti prima della semina pari a 80-90 unità ad ettaro. Valori più bassi di azoto possono ridursi a 35-40 unità ad ettaro per un terreno ben letamato
Raccolta e resa
La raccolta dei capolini di calendula si esegue manualmente, in quanto in commercio non esistono macchine per la raccolta. La maturazione dei capolini è scalare, spesso servono anche 5 interventi distanziati di 4-6 giorni per raccogliere tutti i capolini in fioritura. La raccolta avviene in maggio-giugno, se la semina è stata eseguita prima dell’inverno, e in luglio-agosto per quelle primaverili. I capolini, appena raccolti, dovranno essere posti velocemente in locali adibiti ad essiccatoio ed essiccati il più rapidamente possibile per non rischiare alterazioni del contenuto di carotenoidi e flavonoidi. La resa per ettaro si aggira intorno ai 70 q per capolini freschi e a 30-35 q dopo essiccamento.
La pianta di calendula non è particolarmente soggetta a parassiti e a patogeni. Sono stati riscontrati attacchi di Erysiphe cichoracearum DC., responsabile del “mal bianco” delle foglie, e di Entyloma calendulae (Oud.) de By., responsabile delle carie o carboni della foglia; inoltre, Alternaria calendulae Nees e Cercospora calendulae Sac. che provocano danni all’apparato fogliare.
Fra gli insetti è possibile riscontrare attacchi da parte di Phytomiza atricornis Meig., un dittero minatore, la cui larva scava sulle foglie una mina lunga e serpentiforme che si ingrossa e raggiunge dimensioni di 6-8 mm di lunghezza; se il numero delle mine è elevato le foglie ingialliscono. Il danno può essere maggiore se sono colpite le giovani piantine, sulle quali la puntura dell’ovodepositore e l’alimentazione causano necrosi dei tessuti. Il Brachycaudus helichrysi Kaltenbach, o afide verdastro, la cui pericolosità maggiore riguarda la veicolarità di virus in particolare il virus Y della patata. Bemisia tabaci Gennadius vettore del CMV, l’Aphis fabae Scop. e Myzus persicae Sulz, che provocano in alcuni casi l’arresto dell’accrescimento dei germogli oppure il semplice accartocciamento delle foglie.