Camomilla romana

Anthemis nobilis L. (sin. Chamaemelum nobile)

Fam Asteraceae (Compositae)

Descrizione

La camomilla romana è una pianta erbacea poliennale con fusto ramificato, debole e con portamento prostrato; raggiunge un’altezza massima di 30-40 cm. Le foglie, di forma appuntita, sono delle lacinie sottilissime e brevi. I fiori, riuniti in capolini di 2-3 cm di diametro sono di colore giallo e di forma tubolare al centro, di colore bianco  e ligulati all’esterno  con forte odore aromatico.
Il capolino della  varietà coltivata, ottenuta per selezione massale della spontanea  è detta “ a fiori doppi”,  si presenta con capolini formati essenzialmente da fiori con ligula bianca; i fiori sono sterili. Fiorisce fra giugno ad agosto.
La camomilla romana (il nome romana significa superiore) è usata essenzialmente nell’industria liquoristica ed in erboristeria.

Proprietà e impieghi

La camomilla romana ha proprietà terapeutiche e indicazioni simili a quelle della Matricaria ma  con  attività più blanda;  sembra manifestare peraltro una più spiccata azione emmenagoga.
Ha un aroma più fine e spiccato rispetto alla camomilla comune, e per questa caratteristica viene impiegata in campo liquoristico.
L’olio essenziale viene trova impiego in cosmetica per la preparazione di creme e soluzioni schiarenti per capelli. Per uso topico applicato su rossori e infiammazioni cutanee esercita un’efficace azione sedativa.

Tecniche colturali

Terreno e ambiente
La camomilla romana predilige i terreni freschi (da moderatamente asciutti, fino  ad umidi) e non ama quelli aridi,  compatti ed a reazione acida (pH 3,5- 5,5).  Vive su terreni sciolti, sabbiosi, ricchi di scheletro e ben drenati, predilige quelli minerali con scarso contenuto di azoto e di humus.
La camomilla romana è una pianta termofila , eliofila,  nell’ambito di climi “oceanici” ad inverno mite e con buona umidità nell’aria.  Vuole stazioni non troppo esposte ai venti, non sopporta le stagioni calde e asciutte prolungate; i fiori temono l’umidità notturna.
La coltura richiede alcune irrigazioni da effettuarsi soprattutto  prima della fioritura o dopo la raccolta dei capolini.

Propagazione
La varietà coltivata è sterile e si moltiplica per divisione di cespo. I rametti della pianta madre, al termine della stagione vegetativa dopo la caduta dei capolini, nel loro tratto strisciante emettono delle radici, poco sviluppate alla fine della stagione vegetativa,  ma che rinvigoriscono alla ripresa, affrancando così la nuova piantina. Da un ceppo vecchio si possono ottenere 30-40 nuovi individui. Le nuove piantine possono essere trapiantate ad ottobre oppure a gennaio- marzo. Il trapianto prima dell’inverno ha come vantaggio l’entrata in piena produzione dell’impianto al primo anno, ma in questo caso occorre trapiantare mazzetti di 3-4 piantine per avere la certezza di un buon attecchimento. Nel  trapianto post invernale le piantine vengono messe a dimora  singolarmente senza rischio di fallanze e la coltivazione raggiunge la massima produzione solo al secondo anno.  La scelta del periodo di trapianto dovrà essere fatta in base alla fertilità del terreno, all’avvicendamento colturale, alle possibilità di manutenzione e  di diserbo. Molte aziende francesi e piemontesi adottano il ciclo annuale della coltura; per terreni marginali si consiglia di allungare il più possibile il ciclo di coltivazione, in quanto la specie concorre alla stabilità dei terreni e quindi la coltura  può essere mantenuta anche per tre anni.

Sesti di impianto
Il sesto di impianto per la camomilla romana è di  70/90 cm tra le file e di 20- 80 cm sulla fila; la scelta delle distanze dipende dalla possibilità di meccanizzazione. Le piante sopportano bene l’eventuale azione di calpestamento delle macchine operatrici.  L’impianto può essere eseguito a macchina, mediante trapiantatrici a pinze o a mano nei terreni marginali. Il rendimento, in quest’ultimo caso, è basso. Dalle prove effettuate presso il Giardino delle Erbe di Casola Valsenio sono stati riscontrati rendimenti medi di 350-400 piantine all’ora per unità lavorativa, mentre considerando anche l’operazione di divisione del cespo  e la messa a dimora  il rendimento è di 100-120 piante  / ora / unità lavorativa

Cure colturali
Le cure colturali si limitano ad opportune sarchiature interfila per eliminare le erbe infestanti, la crosta superficiale e interrompere la capillarità del terreno. Le lavorazioni troppo profonde sono da evitare per non permettere alle radici di affondare eccessivamente.  Necessari sono, invece, gli interventi di scerbatura manuale delle infestanti lungo la fila. La lotta alle infestanti può essere eseguita con erbicidi in pre-trapianto e con sarchiature  meccaniche nelle interfile. La pacciamatura è sconsigliata in quanto non permette ai nuovi stoloni di radicare nel terreno.
Nelle annate con estate molto siccitosa si potrà intervenire con alcune irrigazioni da eseguirsi per infiltrazione laterale o per scorrimento, evitando  l’uso di irrigatori a pioggia  che danneggiano i capolini rendendoli scuri prima della completa maturazione.

Fertilizzazione
La camomilla romana predilige terreni minerali con poco humus e scarsamente fertilizzati, inoltre l’azoto favorisce la produzione dell’apparato vegetativo a scapito di quello dei capolini. Nel caso che la coltura rimanga in campo due anni, si consiglia l’apporto di 100-150 q/ha di letame maturo al momento della lavorazione principale e di 120-150 kg/Ha di P2O5 e di 100-150 kg /Ha di K2O al trapianto o durante l’ultima lavorazione del terreno. L’apporto di azoto sarà pari a 50-80 kg /Ha e andrà somministrato in parte durante la ripresa vegetativa e in parte nei mesi successivi.

Raccolta e resa
La difficoltà più grossa che si incontra nella coltivazione della camomilla romana è la raccolta dei capolini in quanto ancora oggi non esistono in commercio macchine che consentano di ottenere un risultato totalmente soddisfacente.
Più semplice è invece la raccolta di tutta la parte epigea (fusto, fiori e foglie) destinata alla distillazione. La raccolta dei capolini si esegue quando le infiorescenze non sono ancora completamente schiuse cioè quando i capolini sono di un bel colore bianco candido. La fioritura può durare  a volte anche più di un mese, di conseguenza la raccolta deve essere eseguita in più passaggi.
La raccolta dei fiori deve  essere eseguita quando è scomparsa la rugiada; la raccolta di capolini umidi, pregiudica l’essiccamento rendendo il capolino scuro. Nelle prove di raccolta manuale dei capolini fatta al Giardino delle Erbe di Casola Valsenio per raccogliere 1 kg di capolini (peso secco) sono state necessarie due ore di mano d’opera.
Il prodotto destinato alla distillazione viene sfalciato a fine fioritura con barre falcianti, caricato su carrelli e portato al distillatore.  La distillazione si esegue nella maggior parte dei casi con il prodotto fresco appena sfalciato oppure appassito. La distillazione si può effettuare anche sul prodotto essiccato riducendo la convenienza dell’operazione. La scelta sarà ovviamente legata all’organizzazione aziendale ed alle condizioni climatiche al momento della raccolta.
La produzione di massa verde e capolini ottenibili con uno sfalcio dipende essenzialmente dall’andamento meteorico o dalle possibilità di irrigazione, dalle epoche di impianto preinvernale o primaverile dalla fertilità del terreno.  Eseguendo l’impianto in primavera  si possono avere produzioni al 1° anno di 100 q/Ha di  massa verde e al 2° anno di 200 q/Ha. La produzione di capolini con l’impianto in produzione è variabile dai 30 ai 50 q /Ha di materiale fresco e di 10-15 q/Ha di prodotto secco con un calo fresco secco di 3/1.
La resa in olio essenziale della pianta intera è dello 0,18-0,19 %, quello dei soli capolini è di circa lo 0,4 %. La differenza dell’olio essenziale ottenuto dai soli capolini o da  quello della pianta intera non è rilevante anche se nelle valutazioni olfattive viene apprezzato maggiormente l’olio ottenuto  dai soli capolini per il colore più chiaro e per il migliore aroma.   Considerando che la resa in olio essenziale dei soli capolini è dello 0,4 %, che il peso dei capolini è ¼ della pianta intera, qualora la raccolta venga eseguita manualmente  si sconsiglia la distillazione dei soli capolini.
La resa in olio essenziale della pianta secca è dello 0,5 % con un calo fra pianta verde e secca di 3/1. Il rendimento percentuale non varia tra prodotto fresco e secco.
Alla fine della distillazione della camomilla romana e della camomilla matricaria e, prima di iniziare la distillazione di una nuova essenza, è sempre  consigliato pulire bene il distillatore.

Avversità

La camomilla romana è una pianta rustica e poco soggetta a patologie e parassiti. Sono comunque stati riscontrati attacchi di Albugo tragopogonis (Pers.) Gray,  agente della ruggine bianca dei crisantemi che si presenta con pustole biancastre su foglie, cauli e peduncoli fiorali. Questa ruggine ha alcuni ospiti intermedi quali lo stoppione, la cicerbita, la barba di becco che andranno ovviamente eliminati nei pressi della coltura. Inoltre, è importante ricordare l’Actinomyces alnus, agente del marciume radicale, e la fusariosi che causa danni all’apparato radicale; alcuni insetti quali la mosca del crisantemo, Phytomiza atricornis Meig, che attacca i capolini  e le foglie con necrosi dei tessuti; alcuni emitteri come l’Eupteryx atropunctata Goeze, l’Aphis fabae  Scip.,  la  Gueriniella serratulae F. che parassitizzano l’intera parte aerea.