Tra le numerose specie appartenenti al genere Echinacea, tre sono quelle maggiormente interessanti per le proprietà fitoterapiche: Echinacea pallida Nutt., Echinacea angustifolia D.C., Echinacea purpurea (L.) Moench.
Carattere comune a tutte le piante di questo genere è la presenza di fiori ligulati appariscenti di colore dal rosa al porpora, di lunghezza variabile da 3 a 7 cm.; tale caratteristica fa dell’ Echinacea una tra le piante più apprezzate per uso ornamentale.
Quasi tutte le varietà presentano foglie ellittiche e lanceolate con margine intero, radici a fittone ad eccezione dell’E.purpurea e dell’E. levigata, che hanno radice fascicolata.
Vengono descritte le caratteristiche botaniche delle specie sopra menzionate:
Echinacea angustifolia D.C. var. angustifolia:
Echinacea pallida Nutt.:
Echinacea purpurea (L.) Moench.:
Dell’ Echinacea si utilizzano le radici, le sommità fiorite o la pianta intera. Le attività principali sono: antinfiammatoria antisettica, cicatrizzanti, stimolante del sistema immunitario e dei processi assimilativi ed escretivi. Per via interna trova impiego nella profilassi e nel trattamento delle malattie da raffreddamento e, per via esterna come topico nelle affezioni cutanee di tipo infiammatorio (pustole e foruncoli) e nelle ferite a cicatrizzazione difficile.Viene impiegata nell’industria cosmetica e farmaceutica
Terreno e ambiente
L’Echinacea è originaria del Nord America, in Italia non esiste allo stato spontaneo. Il genere Echinacea comprende prevalentemente piante mesofite con esigenza d’acqua da media ad elevata.
L’E. angustifolia, grazie alle dimensioni ridotte delle foglie, alla fitta pelosità ed alla radice a fittone profondamente infissa nel terreno, è in grado di sopravvivere anche in condizioni sfavorevoli, lungo le rive sabbiose dei fiumi o nelle praterie asciutte.
L’E.purpurea, ha foglie larghe e radici fittamente ramificate, cresce bene nelle zone a mezz’ombra in terreni freschi o facilmente irrigabili.
Propagazione
La propagazione di tutte le varietà di Echinacea avviene per seme e per divisione di cespo. La riproduzione per seme è la più diffusa e permette di ottenere numerose piante con costi contenuti. Il peso di 1000 semi è di 4-4,4 grammi. La germinabilità dei semi non è sempre elevata, richiedendo spesso la vernalizzazione o un bagno in acqua tiepida per ridurre la dormienza. E’ preferibile eseguire la semina in semenzaio all’interno di serre riscaldate o fredde. Le piantine compaiono mediamente dopo 10 – 12 giorni dal momento della semina, se il seme è stato posto in letti riscaldati per facilitarne la germinabilità. In mancanza di serre o bancali riscaldati la semina può essere effettuata in semenzaio all’aperto nel mese di ottobre; in questo caso il seme germinerà nei mesi di febbraio e marzo. Il trapianto delle piantine sarà effettuato all’inizio di maggio. La semina può anche essere eseguita durante l’estate (giugno-luglio), impiegando seme raccolto nell’anno precedente; il trapianto potrà avvenire, stagione permettendo, in autunno o inizio inverno.
La semina diretta in campo è sconsigliata a causa dell’elevato costo dei semi e della loro germinabilità scalare. Durante il primo anno, le giovani piantine si limitano allo sviluppo della rosetta basale, entrando in fioritura soltanto al secondo anno. Solo alcune piante fioriscono nella tarda estate o all’inizio dell’autunno.
La divisione di cespo si esegue a fine inverno, partendo da piante di 3 anni di età. L’operazione va eseguita manualmente, con un paio di cesoie, dividendo i giovani getti o gli ingrossamenti in prossimità del colletto; in seguito occorrerà eseguire immediatamente la messa a dimora nel terreno.
La reperibilità del seme non è sempre facile, in particolare quello di E. angustifolia , e il costo è spesso molto elevato.
Sesti d’impianto
La densità ottimale è di 9 – 10 piante per metro quadro. Le piante vengono poste alla distanza di 45 – 60 centimetri fra le file e di 15 – 20 centimetri lungo la fila. Il trapianto si esegue per piccoli appezzamenti anche manualmente. Una persona riesce a trapiantare mediamente circa 160 – 200 piantine l’ora.
Per grandi superfici, con la disponibilità di piantine in contenitori alveolari è consigliabile l’impiego di macchine trapiantatrici adattate ai sesti di impianto per l’echinacea.
Per la produzione del seme le piante possono essere poste a distanza maggiore portando così la densità da 10 a 7/8 piante per metro quadro.
Fertilizzazione
L’echinacea si avvantaggia di concimazioni organiche di fondo. E’ consigliato, in ogni caso, di apportare all’impianto 250 – 300 q/ha di letame maturo. Nelle coltivazioni che adottano tecniche convenzionali è possibile apportare azoto, fosforo e potassio all’impianto e alla ripresa vegetativa, in concomitanza con la prima lavorazione del terreno, rispettivamente in quantità di 70/80 unità ad ettaro. Tali valori potranno essere aumentati di circa 10/15 unità ad ettaro, se non è stata eseguita nessuna concimazione organica all’impianto.
Cure colturali
La corretta preparazione di un buon letto di semina è importante per facilitare la successiva fase di trapianto sia che avvenga manualmente che meccanicamente. Le giovani piante dovranno essere mantenute ben pulite dalle infestanti, soprattutto nei primi mesi di vita in campo, fino a quando non avranno attecchito bene al terreno. L’echinacea non richiede grossi interventi di diserbo dalle infestanti, in quanto tollera la presenza di altre erbe senza subire danni apprezzabili. Durante il primo anno di coltivazione sono spesso necessarie 3 o 4 sarchiature dell’interfila, seguite da altrettante zappettature lungo la fila; negli anni successivi il numero degli interventi può essere ridotto.
L’irrigazione eseguita subito dopo il trapianto facilita l’attecchimento delle piantine. Se la coltura viene eseguita in terreni troppo siccitosi, risulta molto utile provvedere ad un’abbondante irrigazione nei mesi estivi. L’apporto di acqua potrà essere effettuato sia sotto chioma, mediante manichette, sia a pioggia nelle ore serali.
Raccolta e resa
L’echinacea è una pianta a ciclo triennale o perenne, pertanto la raccolta delle radici si esegue nella stagione autunnale o invernale, dopo il secondo o il terzo anno di impianto. Questo, in pratica, solo quando la pianta avrà sviluppato completamente il suo apparato radicale, garantendo così un buon contenuto in principi attivi.
Per E. angustifolia e E. pallida, la raccolta avviene quando le radici hanno raggiunto un peso di circa 200 grammi per pianta. L’estrazione delle radici dal terreno si esegue nei mesi autunnali/invernali con l’aiuto di un aratro scava radici. Il periodo ottimale per la raccolta dovrebbe essere stabilito previa analisi di laboratorio eseguita su un campione di radici per valutarne il contenuto in principi attivi.
Spesso vengono richieste anche le porzioni epigee della pianta e la raccolta di queste viene effettuata in fioritura.
Per l’Echinacea purpurea la raccolta avviene sempre al terzo anno, ma il particolare apparato radicale fascicolato e le radici sottili, rendono molto laboriosa l’operazione. Dopo la raccolta, le radici devono essere lavate, mantenendole il più integre possibili, ed immediatamente poste ad essiccare a temperatura di 30/35 gradi C.
Le rese sono spesso molto variabili, a seconda dei diversi ambienti e terreni in cui le echinacee vengono coltivate, dei diversi ecotipi spesso presenti sul mercato e delle diverse tecniche agronomiche eseguite. Per l’E.pallida sono considerati valori medi rese di 13/15 q/ha di radici essiccate, per l’E.angustifolia (la cui superficie coltivata in Italia è molto scarsa) sono riportate rese di 5/7 q/ha. La resa per l’ Echinacea purpurea è riferita quasi sempre a tutta la pianta, quindi, radice, fusto, foglie, fiori, con rese medie di 18/20 q/ha di prodotto secco.
Sulle foglie di alcune piante di E.purpurea sono state riscontrate variegature ed arabeschi gialli, mentre sui fiori e i petali si sono manifestati restringimenti e screziature. La causa di questi fenomeni è il virus del mosaico del cetriolo o CMV (cucumber mosaic Cucumoviris). Sono, inoltre, stati riscontrati altri virus, l’AMV (alfalfa mosaic alfamovirus o virus del mosaico dell’erba medica), individuato per la prima volta in Bulgaria nel 1965; il BBWV (broad bean wilt fabavirus o virus dell’avvizzimento della fava). L’E. purpurea è, inoltre, suscettibile all’infezione del tiroide del rachitismo del crisantemo (CSVd o chrysantemum stunt viroid disease). Fra le micosi, l’unica infezione riscontrata è quella indotta da Sclerotinia sclerotiorum che provoca il marciume radicale nelle piante coltivate.